Di Matteo Labati – La savia indolenza – Le sculture di Giorgia Castignoli
(JAM periodico di musica e cultura - anno IX n°4)
No, non credo che Giorgia Castignoli sia felice di essere un’artista. La scultura per lei, non è per così dire una vocazione- meglio così: il termine ha qualcosa di banalmente definitivo, qualcosa di assolutorio.
Giorgia invece che è persona inquieta e densa, è pigra; tuttavia l’arte è qualcosa che nelle sue mani c’è. Perciò è costretta ad occuparsene. A dare credito alle mani.
E sono mani per niente ingenue, consapevoli anche delle parole prese dalle pagine ed imparate, parole che scorrono sottopelle, le mani che nei lavori di Giorgia Castignoli percuotono la materia oppure manipolano e sovvrappongono i materialiogni volta scelti, frugando in cerca di forme: forme che sono riflessioni plastiche.
La scultura, come l’arte in genere, è qualcosa di violento, anche; è coercitiva, infligge significati prima ed interpretazioni poi ai frammenti di materi-materiali-che di volta in voltadesidera alterare.
La scultura picchia la realtà.
Ogni artista pone le sue domande di forma, astute o brutali. Gli ultimi lavori di Giorgia Castignoli -“Gravida Terra” ad esempio, di recente esposto – sono, da questo punto di vista indagini subdole: pongono, infatti, alla realtà alla supponente realtà delle cose, domande gravi, sulla fecondità, il maschile ed il femminile, la vita come morte potenziale, ma esprimono tutto questo utilizzando materiali esclusivamente sintetici, in alcuni casi, oppure una ragionata composizione di strumenti naturali differenti- il ferro con la resina, con il gesso, con la carta, con la sabbia.
Alla realtà si allude, è più contraffatta che rappresentata. L’effetto è sorprendente, straniante ed intimo allo stesso tempo:l’opera ha la suggestione del realismo ed insieme l’algida decisione di un concetto. L’artista ha mostrato “Gravida Terra” un’allestimento composto da tre opere, nella cornice ideale di una cantina sotterranea: quasi una tomba, ma anche soprattutto uno studio di alchimista.
La fatica misteriosa di inentare la vita; di mantenere la vita; di dimenticare la vita.
Le opere di Giorgia Castignoli provano a descrivere questo mistero, la malizia potenziale della vita, l’incantesimo della sofferenza e della soddisfazione, il ritmo della stasi.
La composizione potrebbe anche evocare una sorta di Sacra Famiglia, non certo solenne ma irriverente, e disillusa.
La forza è femminile, esuberante e dispersiva. Maschile è invece, e solo, la nostalgia.
Al centro, eterea, una figura antropomorfa, che sembra zuppa di dolore. La si guarda, girando intorno, e si ha l’impressione della sofferenza- una sofferenza, però, gravemente sensuale- che scende a gocce per terra, abbandonando la forma, che diventa così più asciutta, essenziale. Progressivamente più viva, finchè, quando il dolore da sudare si esaurisce, improvvisamente diventa esanime. La figura appesa appare di volta in volta allo sguardo come la rappresentazione di un corpo appena formato, non ancora eretto ma anzi impegnato a distendersi a prendere possesso delle proprie qualità, ad imparare i propri sensi.
Oppure in un corpo invece esausto deluso evinto dal destino- vita che ha subito, un corpo descritto nello sforzo di chiudersi nuovamente, rifiutare la forma umana per evitare ciò che ancora manca. Un uomo che vorrebbe dissolversi, precipitare, ancora una volta eper sempre, in fondo al corpo della madre.
Al sicuro nell’utero della terra. Giorgia Castignoli sembra diventare, di lavoro in lavoro, sempre più curiosa: la realtà se viene studiata con mani intelligenti, si rivela qualcosa di non compiuto, qualcosa in fondo da definire, da inventare ogni volta.
Di Patrizia Soffiantini – Quell’indefinibile linea di confine tra la forma e la materia –
(LIBERTA’- quotidiano di Piacenza 18/03/1999)
Forse è più sottile il pensiero femminile, oggi, nella ricerca artistica. Più classico, anche. Non incatenato alla contemporaneità tendente inconsciamente ad indagare temi prossimi alle donne e fondanti, quali processi di creazione, le forme in trasformazione.
Ecco perché, ad esempio, nel lavoro di molte artiste è presente un ampio ricorso all’uso della duttilissima e plasmabile cera.
C’è un forte interesse, si direbbe, ad indagare le zone di confine (fin dove cisi può spingere) e soprattutto le aree di passaggio tra materia e forma, con attenzione agli stadi germiali, allo stato di crisalide. Lo riscontriamo anche in due artiste piacentine che hanno recentemente esposto i loro lavori a “Contemporanea”, la rassegna organizzata per giovani e tra i giovani in corso in due spazi espositivi reinventati proprio a questo scopo in via Castello ( Studio Motion 3) e in via Campagna (Circolo Kukampies).
……..
Tridimensionale-Giorgia Castignoli
Sul piano tridimensionale, scultoreo, si esprime invece Giorgia Castignoli. Giorgia, diplomata anche lei a Milano, all’Accademia d’Arte di Brera, adopera materiali come resina, filo di ferro e cera. Il suo lavoro appare teso alla ricerca dell’ambiguità della forma. Una lezione appresa anche da Louise Bourgeois. Ecco allora la deformazione della fisicità dalle proporzioni canoniche. Ecco il passaggio di stato, non a caso si legge in un titolo “Albedo”, seconda fase delle operazioni alchemiche, quella della morte che si accompagna alla rinascita sotto altre spoglie.
I profili qui, conservano poco più che il ricordo di un corpo. Uno dei lavori è una sorta di scheletrto mutante fatto di fil di ferro che ne disegna l’armatura interiore e di garza esterna che ne fa una mummia.
Figura incombente dall’alto, di potente forza evocativa, che non tocca suolo, costretta in un doloroso bozzolo.
Alla Motion 3, Giorgia Castignoli ha esposto anche una conchiglia gigante in materiali poveri, persino di riciclo, dentro alla quale si intravede un feto, e una struttura in fil di ferro, una stanza d’invenzione, che accoglie piccoli corpi guizzanti calati in acqua. Cambiando prospettiva, cambia per effetto del liquido la percezione dei corpi.
Giorgia Castignoli nasce nel 1973 Piacenza dove tuttora vive e lavora.
Diplomata, in scultura, all’Accademia di Belle Arti di Brera, dal 2000 al 2008, dopo aver partecipato ad esposizioni collettive e personali nell’ambito cittadino e milanese, trova nel restauro di affreschi e materiali lapidei un lavoro appassionante e stimolante.
Interrompe l’attività espositiva senza abbandonare la scultura, concependola come una ricerca personale e silenziosa.
Dal 2010 si dedica solo alla produzione artistica, sia scultorea che bidimensionale, nella quale sfrutta l’esperienza e la sensibilità acquisita nel restauro, integrando i materiali e le tecniche proprie del restauro classico con materiali e tecniche contemporanei, visibili specialmente nei pannelli artistici. Tutt’ora lavora come artista artigiana in collaborazione con studi di progettazione e designer di interni, ha inoltre partecipato al fuori salone del CERSAIE a Bologna.
Giorgia Castignoli
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29121 Piacenza
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GIORGIA CASTIGNOLI - via Machiavelli, 14 - Piacenza - C.F.: CSTGRG73A69G535K - P. IVA: 01616310338
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Giorgia Castignoli nasce nel 1973 Piacenza dove tuttora vive e lavora.
Diplomata, in scultura, all’Accademia di Belle Arti di Brera, dal 2000 al 2008, dopo aver partecipato ad esposizioni collettive e personali nell’ambito cittadino e milanese, trova nel restauro di affreschi e materiali lapidei un lavoro appassionante e stimolante.
Interrompe l’attività espositiva senza abbandonare la scultura, concependola come una ricerca personale e silenziosa.
Dal 2010 si dedica solo alla produzione artistica, sia scultorea che bidimensionale, nella quale sfrutta l’esperienza e la sensibilità acquisita nel restauro, integrando i materiali e le tecniche proprie del restauro classico con materiali e tecniche contemporanei, visibili specialmente nei pannelli artistici. Tutt’ora lavora come artista artigiana in collaborazione con studi di progettazione e designer di interni, ha inoltre partecipato al fuori salone del CERSAIE a Bologna.
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Piacenza
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